Amnesia (le patatine fritte)
Suor Letizia era una donna stimata nell’ospedale Sacro
Cuore, da volontaria aiutava gli infermieri e inoltre in assenza di Padre
Alfonso, parroco della cittadina, si occupava della spiritualità dei degenti,
esortandoli alla preghiera e alla morigeratezza. Aveva 62 anni, viveva in
convento fin da ragazza, quando in seguito ad un evento traumatico decise di
dedicare anima e corpo alla causa cristiana. La giovane Letizia era infatti
stata trovata in stato confusionale, secondo i medici a causa di un abuso protratto
di droghe di vario genere. Non sapeva più chi era, non ricordava niente, ogni
tanto entrava in uno stato di agitazione in cui delirava riguardo a delle
lunghe ombre scure che l’avevano rapita e tenuta sedata giorni interi facendo
esperimenti su di lei, altre volte iniziava ad urlare disperata cercando il suo
bambino, che secondo le autorità non era mai esistito. Pian piano a seguito di
cure mirate e intensive la giovane donna tornò a una vita normale, non
ricordava molte cose del suo passato ma pareva non importarle troppo. Di
parenti o amici neanche l’ombra, era sola, ma una vecchia suora passava spesso
a trovarla quando era ricoverata, Suor Verania. Le insegnò ad avere fede e
identificò le oscure ombre dei suoi ricordi in demoni che l’avevano torturata a
causa dei suoi trascorsi da peccatrice. Letizia guarì e una volta riabilitata
si trasferì nel convento di Suor Verania per farsi suora.
Nonostante l’impeccabilità di Letizia molti degli infermieri
la detestavano, in quanto soleva dare consigli e giudizi crudeli e bigotti per
lo più non richiesti da nessuno.
Suor Letizia passava vari giorni della settimana al Sacro
Cuore, a volte anche tutto il giorno, gli altri li passava o al convento a fare
lavoretti o in una casa di cura privata per anziani poco distante.
Un giorno conobbe Laura, una ragazza dalla faccia pulita,
bionda con i capelli che arrivavano alle spalle, era stata ricoverata
all’ospedale perché era incinta e ogni tanto aveva delle lunghe amnesie che la
gettavano nel panico per la paura di poter far del male senza volerlo al suo
bambino. Suor Letizia prese particolarmente a cuore la situazione della nuova
arrivata che forse le ricordava se stessa in gioventù. Laura non aveva
genitori, erano morti qualche anno prima, prima il padre di tumore, poi la
madre, investita da un autobus, e il padre di suo figlio non si riteneva tale,
non essendo l’unico possibile. Ogni tanto passavano degli amici a trovarla, ma
la degenza al Sacro Cuore durò più a lungo del previsto e le visite si
diluirono nel tempo, fino a cessare. Le visite neurologiche infatti non davano
risposte chiare e in attesa di comprendere cosa avesse la tennero ricoverata
per non rischiare di farle perdere il bambino. Così Laura e Suor Letizia
divennero amiche, la suora sapeva rassicurarla, se ne prendeva cura quasi come
una nonna, le rimboccava le coperte e quando la ragazza smaniava dalla voglia
di patatine fritte, Letizia usciva, si recava nella friggitoria più vicina e
tornava con grosse porzioni che dividevano chiacchierando non prima di aver
pregato e benedetto il cibo. Ogni tanto però quando Laura piagnucolava per la
sua condizione, o si buttava giù, la sua nuova amica cambiava volto e in preda
a una collera isterica prendeva ad urlare insulti, dicendole che era solo una
bambina viziata che non apprezzava i doni di Dio. Le amnesie di Laura si
ripeterono più volte, destabilizzandola, la suora subito appariva premurosa e a
volte scoppiava in lacrime prendendola tra le braccia, ma poi nei giorni o
nelle ore successive le gridava contro che era colpa della sua condotta pessima
e dei suoi pensieri blasfemi, e che stava abbracciando Satana e rifiutando
l’amore di Dio.
Laura era provata, mangiava a stento e mostrava i chiari
segni di una depressione galoppante, nonostante questo Letizia rimaneva l’unica
persona a mostrare un minimo affetto per lei e in quel momento ne aveva
bisogno. Aveva bisogno di un’amica con cui parlare delle sue paure, di un
abbraccio vero, di un mentore. Così continuò a subire i cambiamenti d’umore
della suora, che seppure sporadici sembravano diventare sempre più drastici. Il
legame che si era creato nei mesi (ormai ne erano passati ben tre) all’inizio
l’aveva aiutata a stare meglio, ma ora anche se non se ne rendeva conto era la
causa del suo stress, e partecipava alla sua infelicità.
Un giorno Laura si ammalò, la febbre si alzò
vertiginosamente e la portò ad avere varie piccole amnesie consecutive, suor
Letizia aiutò gli infermieri preoccupata, poi con il permesso del dottore e
della paziente, quella notte rimase a dormire accanto a lei, su una brandina,
per poterla accudire e prendersene cura, nel caso fosse peggiorata durante la
notte. Laura si addormentò esausta mentre la suora le premeva sulla fronte un
panno umido e fresco. Suor Letizia finalmente si abbandonò al riposo, mangiò
sola le patatine fritte che aveva portato per pranzo ma che data la situazione
erano rimaste intonse, si leccò le dita unte e sporche di grani di sale,
accartocciò la carta marrone e la gettò nel cestino facendo centro, poi
sussurrando il rosario si addormentò.
Si svegliò di colpo, Laura urlava e piangeva digrignando i
denti, corse al suo fianco chiamandola, la scosse, la giovane la guardò
spaventata, aveva gli occhi sbarrati, senza farselo chiedere le raccontò
tremando che una strana figura slanciata era salita sul suo letto per poi
accovacciarsi sul suo petto non facendola respirare. La suora le stava
asciugando le lacrime con un fazzoletto quando cambiò radicalmente espressione.
La guardò piena di sdegno e urlò: “Cosa stavi facendo? Ti stavi toccando?Stavi
facendo pensieri impuri?O forse questa febbre è solo una scusa perché vuoi
uccidere la povera creatura che porti dentro?!” Laura rispose balbettando: “No,
Letizia, s-stavo dormendo, te lo giuro, cosa dici..” “Stai dicendo che sono io
la bugiarda?” tuonò suor Letizia “Sei solo una lurida puttana! Hai aizzato il
demonio e ti sei fatta scopare! Volevi mi uccidesse?” Laura fece per
rispondere, confusa, ma la suora scattò in piedi e le tirò uno schiaffo
“Puttana, sei solo una puttana, tutto quello che ho fatto per te, e tu di notte
t’intrattieni col demonio!”. La ragazza scoppiò di nuovo in lacrime, la suora
le afferrò un braccio con cui cercava di proteggersi e la graffiò violentemente
sul viso, con l’altra mano poi iniziò a strattonarla per i capelli, cercando di
buttarla giù dal letto mentre continuava a graffiarla, sbavava, aveva il volto
contratto in una smorfia dalla collera. Laura era incredula, paralizzata dal
terrore dell’incubo che era sfociato in una realtà peggiore del sogno. Con uno
scatto riuscì ad afferrare il pulsante per le emergenze e lo premette, giunsero
poco dopo due infermieri che riuscirono per un pelo a far sì che la paziente
non fosse scaraventata a terra dalla follia della suora. La bloccarono a fatica
e la trascinarono fuori dalla stanza, fu chiamata la polizia, non ci furono
conseguenze penali ma la suora fu allontanata per sempre dall’ospedale.
Dopo quell’episodio Laura prese a star meglio, affrontò la
sua solitudine e la depressione, si fece forza, mancava ormai poco al giorno in
cui avrebbe visto la faccia del suo piccolo inquilino, inoltre ebbe solo
un’amnesia dopo il fatto, poi sparirono nel nulla, come erano giunte. I medici
non trovando nulla a livello neurologico decisero che si trattava di un
fenomeno di origine psichica e le affiancarono una psicologa che la aiutò non
poco a superare l’ultimo mese.
Arrivò il giorno, Laura aveva paura, era la sua prima volta,
ma i medici la misero a suo agio spiegandole che ormai non si soffre più come
una volta per parto con le nuove tecniche. La sera entrò in sala parto, il
travaglio durò poco e tutto andava per il meglio, ma alla fine ebbe un crollo,
entrò in confusione e svenne.
Si svegliò nella sua stanza, era già mattina e dalle
tapparelle aperte filtrava una luce piacevole e giallina che tingeva di chiaro
tutta la parete, il letto accanto a lei era vuoto, come lo era stato negli
ultimi dieci giorni. Si guardò lentamente attorno, non ricordava niente, si
chiese se avesse avuto un’altra amnesia o se semplicemente avesse perso conoscenza.
Sul comodino c’era un bicchiere d’acqua, allungò il braccio lentamente e ne prese
un sorso, deglutì a fatica. Poi guardò il pancione che era ormai quasi
completamente sgonfio e si allarmò, dove era suo figlio? C’erano stati
problemi? Stava bene? Voleva sapere. Fece per premere il pulsante delle
emergenze, ma la porta si aprì. Con una vestaglia di flanella chiara che le
cadeva sotto le ginocchia entrò Suor Letizia, aveva un fagotto di coperte in
braccio. Laura sussultò, ma poi notò che la suora aveva uno sguardo dolce e
sereno, niente a che vedere con il mostro dell’ultima notte che l’aveva avuta
accanto. Pensò che quindi fosse tornata normale, che si fosse pentita. In più
aveva suo figlio tra le braccia, una lacrima le solcò il viso, allungò le braccia
verso la suora e disse con la gola strozzata per la gioia di rivedere la sua
vecchia amica e il suo piccolo tesoro: “Posso?”
La suora sorrise, si avvicinò al letto e le porse il fagotto
bianco, Laura lo prese con cura, lo strinse a se, poi scansò la coperta per
vedere il faccino, ma una fitta intercostale le tagliò il respiro. Il suo cuore
impennò i battiti, aprì la coperta completamente e si rese conto di star
abbracciando due porzioni maxi di patatine fritte della sua friggitoria preferita.
Le patate fritte erano tenute insieme da vari strati di pellicola trasparente,
quasi a voler mimare la sagoma del neonato.
Alzò lo sguardo verso la suora giusto in tempo per vedere il
volto di questa mutare in maniera innaturale in una smorfia di spavento, la
vecchia sbarrò gli occhi e iniziò a gridare a squarciagola indicando i
sacchetti: “Cos’hai fatto?! L’hai ucciso! L’hai ammazzato!!!” Laura
pietrificata tremava, per un attimo aveva pensato fosse tutto uno stupido
scherzo ordito dalla vecchia amica, ma guardandola negli occhi, vedendo la
follia uscire come un fiume in piena da quel viso pallido e rugoso, seppe in
cuor suo che non avrebbe mai visto suo figlio, e avrebbe voluto reagire,
alzarsi, correre a cercarlo, colpire la suora in faccia, ma le urla della psicopatica
la graffiavano, come l’ultima volta, ma dentro inondandola di terrore. Provò a
piangere, ma le orbite profonde della suora la paralizzavano, le sue mani squarciarono il cellophane
facendo riversare fuori le patate. Le urla della suora si fecero più acute,
assordanti.
Le mani di Laura intanto, scavavano sperando forse di trovare
il neonato sepolto, o forse per trovare conforto nella piacevole sensazione di
spezzare le patate con le dita, ancora calde, leggermente salate.
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