Una notte che era meglio fosse giorno

Sono un fascio di cavi che si torcono,
una finta spugna di ferro che vuole espellere ma ingloba sempre più.


Espansione e fuoriuscita,

sento battere i nodi dei miei vorrei contro il vetro del flusso,
quando entri nei corridoi degli altri,
gli interruttori sono in punti che non sai,
le lampadine esplose.

Sento battere le gesta dei miei antagonisti,
sulla scoscesa parete che unisce il mio Ego alle necessità,

rannicchiato sui miei spasmi, considero vie sbarrate dal me consapevole,
fa ancora più male sapere che sei disposto a ritrattarti,
fa ancora più male sapere che non vali una notte.

Affondo i canini nella mia mano destra,
affondo i padri nei rivoli di sangue immaginario,
nauseato dai ritmi,
nauseato dai canoni, dalle scarpe a tinta unica che colpiscono il suolo.

Unico Cristo la parola,
che esce da bocche sbagliate,

ecco arriva un altro me,
l'unico che avrei voluto zitto,
ecco che ti sbatte l'argento in faccia e la sua gentilezza da solitudine d'ufficio,

t'offre una sbronza e tu rifiuti,
t'offri un'altra sbronza e tu rifiuti.

Hai scelto la sera sbagliata Luca,
ti semino tra i corpi in fibrillazione artificiosa.

Parla col mio amico che non parla,
io sono stanco di ascoltare bocche storte e lamentose,
critiche degli sgambetti e delle loro gigantesche sfortune da tragedia.

Compongo sui monitor,
prima chiuso tra le sbarre del sociale,
ora sotto un cappuccio di auto-aiuto.

-

Riempite di suoni gutturali l'etere solo quando è bello il silenzio,
svuotate i dialoghi, 
dormite sogni diafani e gelatinosi.

Salutate su selezione,
giudicate per schemi e costrizioni,

tanto impregnato dalle storie,
che voglio leggere solo il dizionario,
affamato di parole nuove,

significati trasversali,

uso sempre le stesse centinaia di parole che abitano nei miei gorghi,
intanto mi perdo kilometri di lingua che esprime a meno,
così quasi mi convinco a inghiottire carta e piombo.

-

La nausea è la maestra che ti dice "hai qualcosa da esplodere",
tutti vogliono consolazione, ma consolare lo lasciano a te
così mi accoccolo con la testa su una roccia,
sperando in una decollazione al volo.

Spero male,
sferrati un pugno,
mi spavento,

metto a repentaglio i chiodi che mi reggono l'anima,
sto spezzando i chiodi che mi hanno retto l'anima.

Un'anima che inzuppata nel mercurio tornava a galla,
che mi proteggeva dai proiettili e dall'autolesionismo.

Ora che non capisco,
capisco i finti martiri e mi metto in coda,

quanto è umiliante chiedere aiuto con le mani sulla testa,
elemosinare una presenza, che svanisce nell'attimo in cui credo esista.

-

Lungo la strada,
sui marciapiedi nella nebbia,
le vampe erano innocue,
qui sono raptus e follia.


Vedo Egoismo,
nei miei lamenti, e nei tuoi,
vedo Egoismo e mi danno,

"allora esisti Inganno"

vedo Egoismo e mi ritraggo,

l'unico modo è dire tutto,
a tutti e nessuno,

che qualcuno capirà,
qualcuno fraintenderà,
altri odieranno,
c'è chi amerà,

però io avrò detto,

ho detto, queste ore di merda,
ero un bluff?

-

Trovo più carità in una domanda lontana,
che nelle mani che mi graffiano,
trovo più amore in un gesto sincero che nelle montagne di casa,
che mi seppelliscono, senza vanga,
ma col pane quotidiano.

Trovo più bocche da ricucire,
che pacche sulle spalle,

sarà che sembro,
sarà che sembro,
sarà che sembro,

sarà che sono bravo a non pesarvi addosso,
e così leggeri mi vedete morbido,
il vostro comodo materasso,

su cui fottervi i vostri fetidi ricordi,
e le vostre chiacchierate con la Morte,
su cui saltare, tanto non mi sfondo.


Tolgo le doghe,
vi lascio precipitare e forse vi accompagno,
almeno non pesate più e almeno non mi lagno.

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