IL TRENO (meccanismi)

La sintesi di un meccanismo mutato luce.
Un intreccio di destinazioni e velocità.
Sul cemento, sopra kili di asfalto freddo,
sotto un'immensa aria,
tamponata dalle nubi, infermiere.

Si inerpicano come rampicanti di ferro arrugginito,
rappresentazioni ciniche e disincantate,
dei futuri possibili, quasi mai quelli giusti,
quasi mai quelli disposti su questo stralcio di via,
sgomberata dagli ostacoli,
ma ghiotta di pericoli.

-

Ho due pugni in tasca,
pronti a brandire il piombo,
in attesa di un treno che già sento crepitare.

Non c'è sole,
una cappa di umidità cinge il mio passaggio,
ora statico, ora statico sul dinamico.

I crampi della fame,
ma non scendo nei cunicoli,
ora le bestie mi sbranerebbero,
ho in tasca ciò che bramano.

Ora un treno giace sul mio sguardo,
ci separa solo una linea gialla,
spero sia lui,
e accasciato aspetto un segnale.

Osservo le insegne luminose,
trappole farabutte,
osservo i miei singhiozzi,
i miei latrati disegnati.

L'atmosfera s'attacca alla pelle,
come una pellicola fotografica si scioglie nell'acido,
lasciando tracce,
nere e opache sulla superficie.

Non sudo,
gli odori acri dello smog e dell'orina dei viaggiatori si fondono,
opinioni e giudizi mi affondano,
schiere di sentieri si stagliano,
inerpicati nei rovi di mora.

-

La coltre che copre il cielo,
riflette nei miei occhi, raggi duri e ruvidi,
ho dimenticato gli occhiali da sole,
e mi sembra una cosa così importante,
ma poi ci penso su e decido il contrario.

Eppure mentre scrivo,
i raggi m'infilzano la vista,
allora forse l'intuito fa la sua parte.

E a volte,
c'è solo da scegliere,

perdi il treno,
o la vista?




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