Ai tempi dell'ai tempi
Sul lungofiume qualcuno continua ad organizzare degli assembramenti di ramoscelli. Li dispone in verticale sulla sabbia, creando dei piccoli mucchietti per far tener su i bastoncini. Alcuni sono soli, altri dei folti gruppetti. Sono di più i singoli e gli elementi sono disposti tra loro a vista d’occhio alla stessa distanza. Che sia un bambino? O uno stregone? Poco va a cambiare. Lo specchio dell’acqua stringe sempre nel frattempo, e mi calo crollando sulla sabbia già cedevole e aggrappata contro la gravità. Mi acquatto sulla sponda, mi lascio scivolare con gli occhi, sento un discendere. Che se ne dica è sempre importante parlare del basso. Si scambia l’altitudine per un valore assoluto. Si dimentica il sostanziale. E non quello fatto dagli imballaggi e dalla produzione. È tornata una musica, non mi sono famigliare. Questo sentirsi le masse, tastarsi dentro è viscido, ipnotizzante. L’ansia sul relax crea sempre degli strani pattern, crepati, di vetro. Mi bastano poche